Semplificazione a metà per i piccoli appalti: massimo ribasso solo con gara
Semplificazioni a metà per le piccole gare. È il rischio che si porta dietro il tentativo di rendere più rapida l’assegnazione delle piccole opere pubbliche effettuato con il correttivo della riforma appalti che entrerà in vigore il 20 maggio. Da quella data le amministrazioni potranno usare il massimo ribasso per assegnare gli appalti fino a due milioni di euro, con una soglia raddoppiata rispetto a quella prevista dal codice che sopra il milione imponeva sempre l’obbligo di valutare altri parametri oltre al prezzo. Nelle intenzioni di imprese e Comuni, da cui è partita la richiesta al governo, avrebbe dovuto essere un modo per accelerare la strada verso il cantiere degli interventi di taglia più piccola, come le manutenzioni, dove non è semplice individuare parametri di qualità aggiuntivi rispetto allo sconto offerto in gara.
La conseguenza è che proprio per le gare più piccole, quelle che si intendeva accelerare, le stazioni appaltanti si troveranno ora di fronte a un bivio.
Potranno continuare a usare le procedure a invito, che garantiscono tempi più rapidi e per questo sono quelle più usate dalle amministrazioni per assegnare gli appalti di questa taglia. Ma in questo caso, dal 20 maggio, dovranno rinunciare alla possibilità di utilizzare il massimo ribasso e affidarsi all’offerta più vantaggiosa, con l’obbligo aggiuntivo di nominare una commissione di gara e valutare gli aspetti tecnici del progetto. Oppure potranno scegliere la via della gara formale, optando a questo punto per uno dei due criteri di aggiudicazione.
Insomma, come è venuto fuori anche a un convegno organizzato ieri dallo studio Legance a Milano per una prima valutazione delle nuove norme sugli appalti, un mezzo pasticcio che rischia di trasformarsi in un boomerang.
Anche perché la scelta di innalzare a due milioni il tetto di applicazione del massimo ribasso avrebbe dovuto essere legata all’utilizzo obbligatorio del cosiddetto metodo anti turbativa, vale a dire l’esclusione automatica delle offerte con percentuali di sconto considerate anomale, individuate attraverso un algoritmo sorteggiato durante le operazioni di gara e dunque non predeterminabile in anticipo dai concorrenti. Invece, il correttivo lascia questa possibilità in mano alle stazioni appaltanti. Saranno loro a decidere se avvalersi della possibilità di escludere in automatico le offerte anomale. Se lo faranno, però, dovranno per forza utilizzare il metodo “anti-combine” descritto prima.
In conclusione, il rischio è che per inseguire l’obiettivo di semplificare un numero maggiore di affidamenti, raddoppiando da uno a due milioni la soglia di applicazione del massimo ribasso, si sia finito per appesantire le procedure di assegnazione degli appalti fino a un milione, valore sotto al quale si tiene oltre l’80% delle procedure di appalto aggiudicate ogni anno in Italia. Oltre a dover optare per l’offerta più vantaggiosa, senza possibilità di esclusione automatica delle offerte anomale, per continuare ad assegnare questo tipo di appalti con la formula della procedura negoziata dal 20 maggio bisognerà anche aumentare il numero degli inviti: per i lavori fino a 150mila euro si passa da 10 a 15 imprese, mentre per quelli compresi tra 150mila e un milione si sale da dieci a quindici.
Decisamente migliore la valutazione degli operatori sulle novità per il partenariato pubblico privato. Apprezzate in particolare le scelte relative all’innalzamento del tetto per il contributo pubblico (dal 30 al 49%) e soprattutto la nuova misura che rende possibile la sottoscrizione dei contratti di concessione e Ppp soltanto dopo l’approvazione del progetto definitivo. Un paletto che contribuirà a rendere più credibili i piani economico-finanziari a base dei nuovi progetti di investimento.