Correttivo/1. Decreto in vigore dal 20 maggio: le novità per imprese, Pa e professionisti
Analizzando il testo le novità sono diverse. Qualche importante correzione è arrivata sulla norma che rimodula il massimo ribasso, ampliando il suo raggio d’azione da uno a due milioni. Per utilizzare il criterio del prezzo più basso sarà necessario utilizzare una procedura ordinaria (che per il Mit include anche le ex trattative private, anche se su questo punto potrebbe arrivare un chiarimento formale) e mandare in gara un esecutivo. Non solo: l’utilizzo del metodo antiturbativa per escludere le offerte anomale diventa una facoltà nelle mani della pubblica amministrazione. Altra correzione importante riguarda il sottosoglia: salgono a dieci le imprese da invitare sotto i 150mila euro e a 15 tra 150mila euro e un milione nei lavori, restano a cinque sotto i livelli Ue nei servizi.
Qui di seguito un focus :
Massimo ribasso fino a due milioni
Più spazio alle gare solo sul prezzo, come chiesto dalle imprese. Con il correttivo sale da uno a due milioni la soglia di utilizzo del criterio del massimo ribasso con esclusione delle offerte anomale per assegnare le opere. Per arrivare fino alla soglia massima, però, andranno rispettate precise condizioni: appalto assegnato con con «procedura ordinaria» e sulla base di un progetto esecutivo, dunque senza possibilità di intervento sul progetto da parte dei costruttori, che dovranno limitarsi a eseguire i lavori. Le Pa potranno poi decidere anche di mettere in campo l’esclusione automatica delle offerte anomale. In questo caso dovranno avvalerersi del «metodo antiturbativa», sorteggiando solo in corso di gara il criterio matematico per individuare le proposte da eliminare. Con questo accorgimento si dovrebbe evitare il rischio di formazione di cartelli, accelerando al contempo le procedure di assegnazione degli appalti.
Subappalto non decide più la Pa
In materia di subappalto la novità più rilevante riguarda i poteri delle stazioni appaltanti. Se nella precedente versione dell’articolo 105, infatti, era previsto che la possibilità per gli affidatari di subappaltare fosse subordinata a una esplicita previsione nel bando di gara, adesso questo passaggio viene cancellato. Le regole saranno fisse per tutte le gare, consentendo alle imprese una migliore programmazione. Per il resto, non ci sono stravolgimenti. Stando alla versione finale del correttivo, allora, chi vincerà l’appalto non potrà subaffidare ad altre imprese più del 30% del valore complessivo del contratto. Per i lavori sopra la soglia comunitaria di 5,2 milioni di euro e per quelli a rischio infiltrazione, qualunque sia l’importo, interviene l’obbligo di indicare con l’offerta una rosa di tre subappaltatori disponibili e qualificati a eseguire le opere. L’obbligo di nominare la terna ora vale anche per le opere super-spcialistiche.
Salvi per 12 mesi i vecchi definitivi
Sull’affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione, alla fine, il decreto correttivo è arrivato a un compromesso tra la prima versione del testo e le osservazioni avanzate nei pareri. La sostanza, comunque, è che si introduce qualche eccezione al divieto assoluto del Codice di utilizzare l’appalto integrato. Quindi, si potrà mandare in gara il progetto definitivo negli appalti ad alto contenuto tecnologico, per i beni culturali, per le manutenzioni. Resta, poi, la norma che ammorbidisce la fase transitoria molto brusca disegnata dalla prima versione del codice. Tutti i progetti definitivi approvati entro il 19 aprile scorso vengono salvati. Il periodo nel quale si potrà fare la gara, però, sarà leggermente più breve dei 18 mesi della prima ipotesi. Si scende a dodici mesi: la finestra per gli appalti integrati, allora, si chiuderà in questo caso il 20 maggio del 2018.
Attestato Soa più facile per i costruttori
Il pacchetto dedicato alla qualificazione delle imprese interviene a sanare alcune storture che rischiavano di spaccare il mercato. Per evitare l’espulsione di una parte di operatori, limitati dai nuovi requisiti per il conseguimento dell’attestazione Soa, il correttivo torna al passato e prevede che le imprese potranno scegliere i cinque migliori anni di attività tra gli ultimi dieci esercizi. Questo bonus sarà applicato anche agli appalti sopra i 20 milioni, per i quali sono previsti requisiti aggiuntivi: in questo caso si potrà scegliere tra i migliori esercizi degli ultimi cinque anni. Intento simile per la norma sui direttori tecnici delle imprese. Il correttivo lancia, cioè, una sanatoria consentendo ai direttori privi di un titolo di studio di continuare ad esercitare la loro professione. Dovranno, però, avere maturato sul campo l’esperienza necessaria a svolgere la loro funzione all’interno dell’impresa.
Compensi solo con i parametri per i progettisti
La novità chiave, attesa da anni dal settore, riguarda il decreto parametri. Le tabelle del ministero della Giustizia, necessarie a calcolare gli importi da porre a base delle gare di progettazione, dovranno essere infatti utilizzate dalle stazioni appaltanti nella costruzione dei loro bandi. Finora la decisione era lasciata alla discrezionalità della Pa. Un’altra correzione interviene per blindare i professionisti sul fronte dei compensi. «Le stazioni appaltanti – dice il correttivo – non possono subordinare la corresponsione dei compensi relativi allo svolgimento della progettazione e delle attività tecnico-amministrative ad essa connesse all’ottenimento del finanziamento dell’opera progettata». Misura importante, infine, anche sul fronte dei concorsi di progettazione dove vengono semplificate le procedure .
Autostrade, niente deroghe sull’in house
Sul fronte dell’in house, il lungo braccio di ferro tra Governo, Parlamento, Anac e sindacati ha prodotto un nulla di fatto. Le percentuali di lavori che andranno mandati in gara nell’ambito della concessione restano così invariate: per le società in house resta fermo il 20 per cento. Ma non solo. Non è passata neppure la proposta di scorporare dalle percentuali le manutenzioni e gli appalti sotto la soglia di 150mila euro. Sul fronte delle concessioni scadute, ci sarà un anno in più per portare a termine gli eventuali affidamenti in house. Inoltre, arriva all’articolo 178 una soluzione normativa che consentirà di assegnare le concessioni di alcune autostrade in house, grazie alla formula del controllo analogo. Potranno accedere a questo meccanismo le concessioni autostradali relative ad autostrade che interessano una o più regioni: un meccanismo che fa pensare ad Autobrennero
e ad Autovie.
Commissioni di gara, presidente esterno sotto al milione
Salta, rispetto alla prima versione del decreto correttivo, la norma che prevedeva di articolare su base regionale l’albo Anac dei commissari di gara. Secondo Cantone, questa ridefinizione dell’elenco avrebbe portato a rischi di pilotaggio delle nomine, riducendo di molto l’indipendenza potenziale delle commissioni di gara. Tenendo l’articolazione nazionale, invece, sarà possibile garantire la massima distanza tra i commissari e le offerte da giudicare. E, quindi, la massima indipendenza delle commissioni. Sempre per garantire la massima terzietà, anche per gli appalti all’offerta più vantaggiosa «meno complessi» o di importo inferiore al milione di euro il presidente della commissione giudicatrice dovrà essere sempre esterno alla stazione appaltante. Mentre per i servizi e le forniture ad elevato contenuto tecnologico, l’Anac potrà selezionare gli esperti anche all’interno della stazione appaltante stessa.
Addio potere di raccomandazione, niente autonomia per l’Anac
Niente poteri in più per l’Anac sulla definizione del proprio assetto interno. È saltata la norma (non presente nel codice, ma inserita nel testo di entrata del correttivo) che il presidente dell’Autorità aveva chiesto espressamente durante l’audizione in Parlamento e che le Camere avevano inserito tra le condizioni del proprio parere. Via dal codice invece il potere di raccomandazione vincolante. Con un tratto di penna il correttivo cancella il comma 2 dell’articolo 211 del Dlgs 50/2016 sul precontenzioso. Proprio la misura che autorizzava l’Anac a intervenire in tempo (quasi) reale sulla gestione delle gare da parte delle stazioni appaltanti, intimando ai funzionari di correggere in corsa gli atti o le procedure giudicate illegittime, pena la minaccia di sanzioni fino a 25mila euro. La misura sarà però recuperata, sia pure parzialmente modificata nella direzione indicata dal Consiglio di Stato nel parere reso sul codice, con un emendamento alla manovrina all’esame della Camera
Rating di impresa volontario e premiante
Svolta sul rating di impresa, uno dei passaggi più travagliati di questo primo anno di vita della riforma. Bisogna ricordare, infatti, che una prima bozza di linee guida, varata dall’Autorità la scorsa estate, è stata messa in consultazione e poi ritirata. Un secondo passaggio con gli operatori, effettuato a fine settembre, non è bastato a superare i rilievi legati ai rischi di limitazione della concorrenza e di sovrapposizione con il sistema di qualificazione già in vigore. La soluzione individuata dall’Anac, allora, è stata recepita dal correttivo che, adesso, trasforma il rating di impresa: per renderne più semplice l’applicazione non sarà più obbligatorio, ma facoltativo e verrà premiato con punteggi aggiuntivi in sede di offerta. In questo modo sarà possibile centrare l’obiettivo per il quale lo strumento è stato immaginato all’inizio: valutare il curriculum conquistato sul campo dai costruttori.
Trattativa privata, cresce il numero degli inviti
Sale a 10 il numero minimo di imprese da invitare alle procedure negoziate per i lavori di importo compreso tra 40mila e 150mila euro. E a 15 per le opere comprese tra 150mila euro e un milione. Per servizi e forniture le previsioni sono differenti: si resta a 5 imprese sotto le soglie comunitarie.
Meno trasparenza sotto 40mila euro
Appalti, incarichi e consulenze fino a 40mila euro perdono invece il paletto a presidio della trasparenza previsto dalle recenti linee guida approvate dall’Anac di Raffaele Cantone. Per garantire un minimo di concorrenza l’Anticorruzione aveva “suggerito” di chiedere almeno due preventivi prima di assegnare gli incarichi, che in questa fascia di importo sono attribuibili in via fiduciaria dai dirigenti delle Pa. Come richiesto da Comuni e Regioni ,il correttivo archivia la proposta di Cantone e cancella anche l’obbligo di motivare la scelta dell’affidamento diretto.
Partenariati con contributo pubblico al 49%
Il correttivo, andando contro i rilievi di Palazzo Spada, dice sì all’innalzamento dal 30% al 49% del tetto massimo per il contributo pubblico nelle opere finanziate con capitali privati. Si tratta di un emendamento che rivede in maniera radicale gli elementi che servono a pesare l’equilibrio economico finanziario della concessione. Per i giudici questa scelta è in contraddizione «con i criteri di ripartizione del rischio» mirati a ridurre «la compartecipazione pubblica».
Giro di vite sugli arbitrati
Si allarga di molto il perimetro della stretta sui compensi degli arbitri. Il problema era stato sollevato da Cantone nel corso della sua audizione parlamentare. I parametri più stringenti imposti dal codice, per alcuni tribunali, non si applicavano agli appalti banditi prima dell’entrata in vigore del decreto 50 del 2016. Questo, per il presidente Anac, «vuol dire che tale disposizione si inizierà ad applicare tra più di dieci anni». Per superare questa distorsione paradossale è intervenuto allora il correttivo, che ha imposto di applicare a tutti i nuovi arbitrati le regole più stringenti su nomine e compensi previste dal nuovo codice. Basterà che la procedura sia iniziata dopo l’entrata in vigore del Codice, anche se i relativi appalti sono stati banditi prima. In questo modo viene colmato il buco lasciato dalla prima versione del testo.
Qualificazione più facile per le stazioni appaltanti
Fa notizia, anche su questo capitolo, un passo indietro del correttivo. Nella versione finale è stata cancellata la norma che allargava la possibilità di accedere all’albo delle centrali di committenza a tutte le amministrazioni con articolazioni territoriali. Una scelta che, secondo molti, ampliava eccessivamente il perimetro degli aggregatori di appalti. Arriva, invece, una correzione importante nella parte che riguarda i requisiti da verificare nelle stazioni appaltanti al momento della loro qualificazione. Il numero di gare svolte non dovrà più essere misurato su base triennale ma nel quinquennio. In questo modo vengono alleggeriti i requisiti di qualificazione, sul modello di quanto viene fatto per le imprese. Tra i paletti da rispettare, viene inserita anche la comunicazione dei dati sui contratti pubblici che alimentano i database dell’Autorità anticorruzione.
Varianti senza silenzio-assenso
Arriva un aggiustamento richiesto con forza da Raffaele Cantone nel corso della sua audizione parlamentare. Il presidente Anac aveva giudicato «assolutamente inapplicabile» la norma che imponeva all’Autorità di rispondere in trenta giorni alla richiesta di parere sulle varianti, facendo scattare, in caso contrario, una sorta di silenzio-assenso. Si trattava di un meccanismo capestro, dal momento che gli uffici di Cantone sono in grado di esaminare entro questi tempi solo una piccola parte delle varianti che gli vengono sottoposte, «perché la valutazione delle varianti prevede un esame molto complesso che presuppone peraltro una conoscenza approfondita del progetto». Per evitare una valanga di pareri positivi tramite silenzio assenso, allora, il correttivo cancella questa norma ed elimina ogni vincolo per i tempi di risposta.
Appalti urgenti, niente pagamenti senza verifiche
La verifica dei requisiti, nel caso dei lavori effettuati in caso di estrema urgenza, è comunque essenziale per procedere al pagamento. Il correttivo interviene su questo punto andando nella direzione indicata da Raffaele Cantone. Quindi, nelle situazioni di attuale ed estrema urgenza, qualora vi sia l’esigenza impellente di assicurare la tempestiva esecuzione del contratto, gli affidatari possono autocertificare il possesso dei requisiti di partecipazione previsti dal codice. L’amministrazione aggiudicatrice dovrà dare conto, nel primo atto successivo all’effettuazione delle verifiche, della sussistenza dei requisiti. «In ogni caso – è qui la grande novità – non è possibile procedere al pagamento, anche parziale, in assenza delle relative verifiche positive». Quindi, per il saldo la verifica andrà materialmente effettuata. In caso di assenza dei requisiti, si procederà al recesso.
Anticipazione prezzo meno favorevole
Arrivano alcuni cambiamenti destinati a drenare un po’ di liquidità alle imprese. Con il correttivo viene confermato l’istituto dell’anticipazione del prezzo, che andrà pagata all’appaltatore entro quindici giorni dall’effettivo inizio dei lavori e sarà subordinata alla costituzione di una garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa di importo pari all’anticipazione «maggiorato del tasso di interesse legale applicato al periodo necessario al recupero dell’anticipazione stessa secondo il cronoprogramma dei lavori». La grande novità della revisione risiede nelle modalità di calcolo del valore dell’importo da versare. Andrà parametrato al valore dell’aggiudicazione e non più al valore stimato dell’appalto, come nella versione originale dell’articolo 35 del Codice. Il suo importo, quindi, con la revisione del decreto 50 sarà a conti fatti più basso.
Certificati di pagamento entro 45 giorni dal Sal
Tempi più stretti per i pagamenti delle pubbliche amministrazioni. Anche il codice appalti, con un nuovo articolo, interviene sul tema del saldo degli arretrati della Pa. Arriva così un nuovo paletto che obbliga le amministrazioni a emettere i certificati di pagamento entro il termine massimo di 45 giorni dall’approvazione dello stato di avanzamento lavori (Sal). In sostanza, le stazioni appaltanti non potranno fare melina a danno dei costruttori, tenendo fermi per troppo tempo gli stati di avanzamento e impedendo così alle imprese di emettere le loro fatture. Entro un mese e mezzo bisogna rispondere e poi procedere rapidamente al pagamento. Solo in questo modo ci potremo allineare agli standard richiesti dall’Europa: l’Italia resta, infatti, tra i paesi pagatori di tutta l’Ue, nonostante le molte sollecitazioni arrivate in questi anni da Bruxelles.
General contractor oltre 100 milioni
Il general contractor resta nell’impianto del codice appalti ma avrà un perimetro di azione ancora più limitato che in passato. In base a una modifica portata all’articolo 195 del testo approvato lo scorso aprile, infatti, le stazioni appaltanti non potranno più procedere ad affidamenti a contraente generale per contratti il cui importo non sia almeno pari o superiore alla somma di 100 milioni di euro. Quindi, con questa modalità potranno essere affidate solo le grandi opere. Correzione rilevante anche sull’albo dei collaudatori, tenuto dal Mit, che sarà l’unica strada per partecipare agli appalti affidati tramite contraente generale con il ruolo di collaudatore o direttore lavori. Nel decreto che regola l’albo andranno definiti anche «specifici requisiti di moralità, di competenza e di professionalità» dei professionisti che accedono agli elenchi.
Manodopera e sicurezza più chiari i costi
Più chiarezza nella distinzione tra costi della sicurezza e costi della manodopera. Il correttivo interviene su questo passaggio e punta a distinguere in maniera chiara la definizione dei due importi. Nei contratti di lavori e servizi la stazione appaltante, nel momento in cui determina l’importo posto a base d’asta, individua nel progetto i costi della manodopera. I costi della sicurezza saranno trattati a parte e dovranno essere scorporati dal costo complessivo. La distinzione è molto rilevante perché, ovviamente, i costi della sicurezza non sono assoggettati al ribasso d’asta. Il codice, nello stesso passaggio, interviene anche sui prezzari regionali. Se le Regioni restano inerti e non aggiornano i loro elenchi, le competenti articolazioni territoriali del Ministero delle infrastrutture potranno intervenire e procedere in proprio all’aggiornamento.