Appalti, il governo ripristina la «vecchia» responsabilità solidale. Ance: un danno per le imprese
Ritorno al passato per la responsabilità solidale. È questo il senso dell’intervento con il quale il Consiglio dei ministri ha stoppato la parte del referendum promosso dalla Cgil dedicata agli appalti. In sostanza, viene cancellato il principio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore: ci si potrà rivalere verso il committente o verso ciascuno dei subappaltatori. Un approccio che viene criticato dall’Ance. Per i costruttori, infatti, si tratta di un sistema che penalizza le imprese della filiera e deresponsabilizza il debitore principale.
I dettagli, va detto, al momento non sono ancora noti. Il comunicato del Governo, però, parla chiaro: «Con riferimento alla disciplina in materia di appalti di opere e servizi – spiega -, il provvedimento mira a ripristinare integralmente la responsabilità solidale del committente con l’appaltatore nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per garantire una miglior tutela in favore dei lavoratori impiegati». In pratica, le norme attuali, che limitano questa responsabilità condivisa, vanno in cantina. Nel merito, il decreto ripristina integralmente la responsabilità solidale tra committente-imprenditore e appaltatore, cancellando l’obbligo di preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore. Si cancella, quindi, l’obbligo di aggredire il patrimonio dell’impresa inadempiente, prima di rivolgersi alle altre aziende obbligate dal vincolo di solidarietà.
Va ricordato, per comprendere la forza dello strappo, che la soluzione della «preventiva escussione» del patrimonio del datore di lavoro inadempiente è arrivata al termine di una lunga vicenda normativa, con modifiche e contromodifiche del regime di solidarietà, nel tentativo di trovare un punto di equilibrio tra la tutela dei lavoratori e i rapporti economici tra appaltatori e subappaltatori, in un periodo di profonda crisi finanziaria, soprattutto nel campo edile. Cancellando questo paletto, tutte le imprese legate dal vincolo di responsabilità solidale si troveranno di fronte alla possibilità che, di fronte alle inadempienze del proprio datore di lavoro, i lavoratori scelgano di volta in volta di rivolgersi alle imprese più “liquide” per ottenere salari e contributi non saldati.
L’impostazione del decreto non piace all’Ance. Per il presidente dei costruttori, Gabriele Buia, infatti, la normativa attuale «non riduce in nessun modo le garanzie a favore dei lavoratori». Anzi rafforza la competenza delle parti sociali nell’individuare in sede contrattuale strumenti più rigorosi di controllo. Inoltre, l’abrogazione dell’obbligo di chiamare in causa tutte le imprese coinvolte nel vincolo di solidarietà lede il diritto delle imprese regolari e corrette di conoscere da subito l’avvio di eventuali azioni giudiziarie, a tutela anche dei lavoratori. Viene, inoltre, soppresso il principio della »preventiva escussione del debitore principale», penalizzando ulteriormente tutte le imprese della filiera produttiva e non direttamente il debitore principale, che in questo modo viene di fatto ulteriormente deresponsabilizzato. «In attesa di conoscere nel dettaglio le nuove norme – sottolinea Buia – ritengo comunque che sia stato fatto un passo indietro che danneggia le imprese corrette, spina dorsale del tessuto economico del nostro Paese. Il problema si doveva risolvere nell’ambito delle politiche contrattuali e attraverso il dialogo sindacato-imprese, come l’Ance chiedeva da tempo alle organizzazioni sindacali. Stando così le cose, sarebbe stato meglio andare al referendum