Subappalto, esposto Ance a Bruxelles: «Limiti del codice contrari alle regole Ue»
Varca i confini italiani, arrivando fino a Bruxelles, la protesta dei costruttori contro i paletti sul subappalto imposti dal nuovo codice dei contratti pubblici. L’associazione nazionale delle imprese edili (Ance) ha presentato un esposto alla Commissione europea contestando l’aderenza delle nuove regole al diritto dell’Unione e chiedendo, di conseguenza, «di dar corso urgentemente alla procedura di infrazione» prevista dal Trattato.
Nel mirino dei costruttori ci sono soprattutto tre aspetti della nuova disciplina del subappalto delle opere pubbliche, entrata in vigore il 19 aprile 2016. Il primo aspetto riguarda il tetto ai subaffidamenti, al momento individuato nel 30% dell’importo complessivo dei lavori. Per i costruttori imporre un tetto per legge è contrario alle direttive europee che regolano il settore. Per suffragare questa tesi l’esposto cita in particolare una sentenza della Corte di Giustizia pubblicata lo scorso 14 luglio (caso «Wroclaw») che ha bocciato le norme che, in Polonia, obbligano le imprese vincitrici di appalti a eseguire in proprio almeno il 25% delle opere. Per i giudici europei, si ricorda nell’esposto, «la direttiva ammette il ricorso al subappalto, senza indicare limitazioni».
Seppure importante non è, però, il tetto la questione centrale. «Noi non siamo per il subappalto al 100% – spiega Edoardo Bianchi, vicepresidente Ance, con delega alle opere pubbliche -. Si rischierebbe la smobilitazione delle imprese. Tra un estremo e un altro si può trovare un punto di equilibrio». Piuttosto sono altri due i punti più contestati dai costruttori. Al primo posto c’è la scelta di assegnare alle stazioni appaltanti il compito di decidere, gara per gara, se autorizzare o meno, l’esecuzione di una parte di lavori in subappalto. «È una scelta contraria al principio di libera organizzazione dei fattori della produzione, che rischia di spazzare via un intero sistema – attacca Bianchi -. Quale politica industriale si può impostare sulla base di un’indicazione simile? Devo organizzarmi per fare tutto in casa o posso affidarmi a degli specialisti, se il caso lo richiede? L’impresa è in grado di adeguarsi a qualsiasi scelta, ma una scelta ci deve essere? Per paradosso, allora sarebbe stato meglio vietare del tutto il subappalto, anche se nel 2017 sarebbe una decisione davvero anacronostica, oltre che contraria al diritto europeo».
L’ultimo passaggio riguarda l’obbligo di indicare tre nomi di possibili subappaltatori con l’offerta. Qui l’obiezione riguarda i tempi, molto anticipati rispetto alla fase di cantiere. Ma anche i possibili condizionamenti che potrebbero arrivare da imprese specializzate in un particolare tipo di lavorazione. «In alcune gare si rischia che siano i subappaltatori a decidere chi può partecipare o meno», sottolinea Bianchi. Una parziale modifica di questa impostazione arriverà con il decreto correttivo al Codice che il governo ha licenziato in prima lettura a fine febbraio e che ieri è arrivato in Parlamento per il giro di pareri.
Il provvedimento confina il divieto di subbappaltare più del 30% delle opere solo ai lavori prevalenti in cantiere (come accadeva prima della riforma) e lascia alle stazioni appaltanti il compito di decidere se chiedere o meno la «terna» dei subaffidatari con l’offerta. Resta però inalterato il punto-chiave contestato dai costruttori: la scelta sul subappalto «gara per gara». Difficile, dunque, che senza ulteriori aggiustamenti l’esposto venga ritirato.